venerdì 20 novembre 2015
Ossessioni.
L'ossessione per il tempo circa la quale mi capita di leggere la sua formazione in domanda tendo a ritenere che in arte sia legata al timore dell'invecchiare ed a quella paura così presente in questi giorni, ossia il terrore della morte; anche quando si cerca di preservare libri, opere plastiche ed architetture - il cui risultato è comunque plastico - sembra lotta contro la nullificazione.
Non c'è bisogno di citare testi - fiume novecenteschi che mimetizzano il tempo.
Quel terrore è d'altronde motivato anche in forma "debole", se bastano tre generazioni per non saper più dove un proprio antenato è seppellito.
Altra ossessione: fissare limiti "evidenti", tracciare un netto confine tra due fenomeni - il confine prende anche forma divina, in alcune culture -: è così che si scopre come "controcultura e cultura mainstream", oh illuminazione, "si confondono. Oggi gli artisti [...] sono sicuramente influenzati dall'arte sequenziale".
Un alessandrino come Apollonio Rodio, quando scrive le Argonautiche, è sicuramente influenzato da Omero, l'autore più elogiato - anche per consuetudine - e più rifiutato della grecità: ne è influenzato in primo luogo per il genere scelto e per il metro usato. Apollonio si ispira persino al Ciclo epico - "arte sequenziale" ai suoi massimi, come le Enfances delle chansons medievali francesi -; ma anche Callimaco l'antiepico per programma lo era.
E si potrebbe estendere ad altri campi non apertamente "artistici" per la visione di almeno fino a qualche tempo fa - dato il recupero fin clamoroso di certe discipline nella valutazione diffusa.
Il problema - che è problema per il Romanticismo e per i suoi bisnipoti - non è l'inevitabile rifare qualcosa - si rifà anche ciò che si odia, consciamente od inconsciamente, perché il suo rifiuto è rifiuto sulla base della pessima persistente opinione che ce ne siamo fatti quando (si spera) l'abbiamo incontrata -, ma come la si rifà.
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