giovedì 16 giugno 2016
Essenzialmente.
Si vive per lavorare solo quando esercizio professionale - professione non è soltanto quella libera - e passione, inclinazione, si sovrappongono in massima parte (alcuni momenti di alienità sono comunque inevitabili); altrimenti si lavora per vivere.
Uno dei principali problemi che da tale quadro deriva è la rabbia da lavoro, inteso come attività dalla quale si ricava reddito: perché non lo si ha; o poiché, se lo si ha, nella maggioranza dei casi si lavora per vivere e non si è nelle condizioni di vivere per lavorare (inteso come sopra; ossia che la pratica è volontaria).
Tralasciamo qui il tema della valutazione qualitativa del lavoro, criterio oggi - checché se ne dica - decisamente in secondo piano rispetto a quello quantitativo, data l'ossessiva attenzione posta ai margini.
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